Date: 4:40 PM 9/13/02 +0200
From: Sergio Briguglio
Subject: ancora sulle espulsioni: norme a
regime e norme transit
Cari amici,
giro tre messaggi sulla questione sollevata da
Mughini.
Il primo, di Lara Olivetti, conferma, da
Trento, la prassi segnalata dallo stesso Mughini.
Il secondo, di Paolo Bonetti, affronta la
materia da un punto di vista dell'applicazione "a regime" della
legge.
Il terzo, di Massimo Pastore, analizza
soprattutto il problema della moratoria delle espulsioni in questa fase di
regolarizzazione.
Ringrazio tutti e tre, e Silvia Canciani, che
mi ha girato il messaggio di Lara.
Cordiali saluti
sergio briguglio
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A proposito della prassi indicata di Luigi Mughini
di Firenze sulla mancata esecuzione dei decreti di espulsione e conseguenze ex
art. 14, c. 5-bis, ss. t.u., segnalo che la linea della Questra di Trento la
stessa, come dichiarato nell'incontro con il Questore dell'11.9.2002. La
ragione data dalla affermata notoriet della indisponibilit di sufficienti
uomini e mezzi per effettuare gli
accompagnamenti, dalla mancanza di un centro di permanenza temporanea nella
nostra regione e dal fatto che i centri interpellati per accogliere i
destinatari dei provvedimenti non hanno di solito posti disponibili. Il
Questore ha allargato le braccia dicendo che non saprebbe nemmeno lui che fare,
visto che la legge e le condizioni oggettive in cui deve operare non lasciano
altra via.
E noi, cosa facciamo? Di fronte all'imminente
impegno di organizzare la difesa penale delle persone denunciate ex art. 14, c.
5bis, ss., stiamo pensando di fare riferimento all'accordo di riammissione
firmato con l'Austria, in base al quale sono respinti in Italia gli stranieri
non comunitari individuati alla frontiera privi dell'autorizzazione
all'ingresso, se provenienti dal nostro territorio. In breve, vorremmo
sostenere che, non disponendo del denaro sufficiente per pagarsi il viaggio di
ritorno nello stato di provenienza, lo straniero non ha modo di ottemperare
all'intimazione all'allontanamento. Infatti, uscendo dalla frontiera pi vicina
(Brennero), sarebbe immediatamente rimandato indietro per legge. Forse pu
essere un'idea anche per altri, anche con le frontiere con altri stati (mi
risultano esservi analoghi accordi con Svizzera e Francia). Stiamo ancora
studiando la cosa e ci interesserebbe sapere il parere dei soci.
Un caro saluto e buon lavoro,
Lara Olivetti
Servizio di Consulenza Legale
A.T.A.S. O.n.l.u.s.
via C. Madruzzo, 21
38100 TRENTO
tel. +39 0461 263330
fax +39 0461 263346
atasinfo@tin.it
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servizi di informazione e accoglienza per
cittadini stranieri immigrati
in provincia di Trento, in convenzione con la
Provincia Autonoma di Trento,
ai sensi dell'art. 17 della legge provinciale
2 maggio 1990, n. 13
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Caro Sergio,
i fatti riferiti nel messaggio di Mughini non devono stupire chiunque
conosca il testo complessivo delle norme della nuova legge, come sanno anche
coloro che, come chi scrive, per mesi si erano opposti alla sua
approvazione anche per precisi motivi giuridici.
Perci non si tratta affatto di
un'interpretazione di una Questura, perch l'esatta applicazione di
ci che prevede il nuovo sistema delle espulsioni previsto dalla nuova legge n.
189/2002, che presto potrebbe portare ad una massiccia criminalizzazione degli
stranieri clandestini.
Si noti che dai lavori preparatori della legge
si ricava che volutamente si previsto che neppure la motivazione dell'ordine
richiesta.
Il nuovo comma 5-bis dell'art. 14
T.U. rende evidente che l'esecutivit dei provvedimenti amministrativi di
espulsione che l'art. 12 prevede di generalizzare del tutto illusoria, perch
si consente che tali provvedimenti restino ad esecuzione differita qualora non
sia stato possibile trattenere lo straniero in un centro di permanenza
temporanea (prevedibilmente per mancanza di spazi e/o di centri).
Si disciplina il caso in cui "non sia
stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza
temporanea ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza aver eseguito
l'espulsione o il respingimento", disciplina incentrata, in prima battuta,
sull'ordine rivolto dal questore allo straniero di lasciare il territorio dello
Stato entro cinque giorni. Decorso tale termine, "lo straniero che senza
giustificato motivo" si trattiene nel territorio dello Stato punito - ai
sensi del comma 5 ter - con l'arresto da sei mesi ad un anno e viene espulso
con accompagnamento coatto alla frontiera; lo straniero, nuovamente espulso in
base al comma 5 ter, che si trattiene senza giustificato motivo nel territorio
dello Stato punito - ai sensi del comma 5 quater - con la reclusione da uno a
quattro anni; per tutti questi reati si prevede l'arresto obbligatorio
dell'autore del fatto e il giudizio con rito direttissimo e in ogni caso di
mancato rispetto del termine di 5 giorni il questore ha la facolt di adottare
un nuovo provvedimento di trattenimento dello straniero in un centro di
permanenza temporanea e assistenza.
Il tenore letterale della disposizione
incriminatrice non chiarisce se l'espulsione dell'inadempiente sia da
configurarsi come provvedimento amministrativo (nel qual caso la riserva di
giurisdizione prevista dall'art. 13 Cost. imporrebbe comunque una convalida
giurisdizionale) o come misura di sicurezza disposta dal giudice.
In ogni caso integra la nuova fattispecie
incriminatrice il trattenersi nel territorio dello Stato (occorre dunque che si
provi che lo straniero espulso non mai uscito dal territorio italiano) e la
mancanza di giustificati motivi. Perci non costituisce reato il permanere nel
territorio italiano per motivi non dolosi, cio per motivi che hanno
oggettivamente impedito allo straniero di allontanarsi dal territorio italiano
e che sono indipendenti dalla coscienza e dalla volont dello straniero.
Senz'altro si devono considerare
"giustificati motivi" la perdurante mancanza di vettori disponibili
al viaggio di rimpatrio, la comprovata esigenza dello straniero di sottoporsi a
cure mediche garantite dall'art. 35 T.U., l'avvenuta sottoposizione dello
straniero a misure cautelari detentive o comunque interdittive dell'espatrio o
a carcerazione o a misure di sicurezza detentive, il sopraggiungere di uno
degli elementi ostativi all'espulsione ai sensi dell'art. 19 T.U. (si pensi
soprattutto al caso di eventi sopraggiunti nel Paese in cui lo straniero
dovrebbe essere inviato che metterebbero in pericolo la sua vita, libert o
incolumit e al caso della donna che si trovi in stato di gravidanza e del suo
marito convivente), ma anche la manifesta indisponibilit da parte dello
straniero di mezzi economici necessari per coprire le spese del viaggio fino al
Paese di invio.
Invece nel caso in cui lo straniero si
trattenga in Italia per la mancanza di documenti di identificazione e/o di
viaggio necessari occorrer distinguere: il reato potrebbe sorgere soltanto
qualora si provi che l'indisponibilit di documenti di identificazione derivi
dall'occultamento o dalla distruzione o alterazione di documenti di cui era in
possesso lo straniero (si pensi a straniero del cui passaporto
l'amministrazione aveva potuto fare una copia in un determinato momento, ma del
cui furto o smarrimento non stata fatta regolare denuncia dopo di allora),
mentre in ogni altro caso occorrer valutare da quanto tempo lo straniero ha
ricevuto l'ordine di allontanarsi dal territorio nazionale in rapporto ai tempi
necessari alla rappresentanza diplomatico-consolare del suo Paese per
rilasciare i documenti necessari.
Occorre dunque una valutazione rigorosa della
norma incriminatrice perch altrimenti essa farebbe rivivere la fattispecie che
era prevista dall'art. 7 bis della L. n. 39/1990 che puniva con la reclusione
da sei mesi a tre anni lo straniero destinatario di un provvedimento di
espulsione che non si fosse adoperato per ottenere dalla competente autorit
diplomatica o consolare il rilascio del documento di viaggio occorrente,
fattispecie dichiarata incostituzionale per violazione del principio di
tassativit dalla sent. n. 34/1995 della Corte Costituzionale.
Un'interpretazione rigorosa s'imporr
comunque. Infatti poich le stesse nuove norme prevedono il caso
dell'espulsione eseguita con la mera intimazione a lasciare il territorio
nazionale entro 5 giorni quando non stato possibile trattenere lo straniero
in un centro di permanenza evidente che altrimenti si finirebbe per arrestare
e trasferire nel circuito penitenziario stranieri espulsi che, privi di alcun
altro mezzo finanziario, si sono trattenuti nel territorio dello Stato per il
solo motivo che lo Stato stesso non ha provveduto a dotarsi di un numero
adeguato di centri di permanenza per dare effettivit all'espulsione. Si
produrrebbe cos una massiccia immissione di stranieri nel circuito
penitenziario gi sovraffollato, il che non comporterebbe certo un aumento
dell'effettivit dei provvedimenti di espulsione.
Paolo Bonetti
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From: "massimo pastore"
<avv_pastore@libero.it>
To: "Sergio Briguglio"
<briguglio@frascati.enea.it>
Cc: "filippo miraglia"
<miraglia@arci.it>, "silvia canciani" <ledaz@tin.it>
Subject: R: circolare INAIL; espulsioni senza
trattenimento
Date: Fri, 13 Sep 2002 16:09:05 +0200
X-Priority: 3 (Normal)
Importance: Normal
Status:
Rispondo alla sollecitazione di Luigi Mughini
inviandoti qualche osservazione circa la prassi interpretativa che si sta
riscontrando presso altre questure piemontesi (non tutte, per quel che ne so).
...
Per quanto riguarda le prassi, mi sembra che a
Torino e in altri capoluoghi del Piemonte (non tutti, ripeto) stia emergendo
quanto segue:
1) nei confronti di stranieri che non sono gi
stati colpiti da decreto di espulsione e che non devono essere espulsi per
"pericolosit sociale", l'art. 2 co. 1 del decreto legge non viene
inteso in senso restrittivo (nel senso che i lavoratori "compresi nella
dichiarazione" siano solo quelli che hanno gi la ricevuta in tasca), il
che del resto mi sembrerebbe del tutto irragionevole dal punto di vista
interpretativo (ferma restando la pessima formulazione della norma), ma viene
applicato a tutti i lavoratori stranieri potenzialmente regolarizzabili, il che
comporta l'inibizione ad adottare nei loro confronti nuovi provvedimenti di
allontanamento dal territorio nazionale, anche se la domanda non stata ancora
presentata. In questi casi, quindi, non si fa luogo all'espulsione
(naturalmente, sta anche allo straniero non essere cos pollo da dichiarare di
essere entrato in Italia l'altroieri e di non avere alcun lavoro). Sotto questo
profilo, le espulsioni di Firenze segnalate da Mughini mi sembrano attaccabili
in sede di ricorso (a prescindere dalla procedura seguita), stante il disposto
della "moratoria" disposta dal decreto legge;
2) gli stranieri che hanno gi presentato la
dichiarazione di emersione e che sono quindi in grado di esibire la ricevuta
non dovrebbero essere allontanati, anche se gi destinatari di decreti di
espulsione allo stato ostativi: la loro posizione verr esaminata in seguito in
sede di esame della domanda di emersione. Questa interpretazione mi sembra la
pi corretta possibile e dovrebbe essere diffusa e sostenuta a livello
nazionale per evitare clamorose disparit di trattamento. Infatti, lo straniero
che ha presentato la domanda rientra sicuramente nella definizione di
lavoratore "compreso nella dichiarazione", per cui da ritenersi che
l'espulsione possa essere eseguita (perch anche l'esecuzione coattiva un
"provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale") solo in
caso di esito negativo della domanda e quindi solo al termine del procedimento
avviato con la domanda stessa. Del resto l'istanza dovr essere valutata
in base alle norme che risulteranno dalla conversione del decreto legge e
comunque l'espulsione attualmente ostativa ben potrebbe essere nelle more
revocata dal Prefetto a seguito di istanza individuale, qualora la conversione
del decreto non recasse l'estensione delle revoche d'ufficio.
Faccio notare in proposito che il comma 1
dell'art. 2 (ripeto, fomulato malissimo ... volutamente?) dispone che non
vengano adottati provvedimenti di allontanamento nei confronti dei lavoratori
compresi nella dichiarazione (...) "fino alla data di conclusione della
procedura di cui all'articolo 1". Se per "data di conclusione"
della procedura di cui all'art. 1 si intendono i 30 giorni per la
presentazione delle domande, a maggior ragione mi sembra sostenibile che: a)
fino alla conclusione dei 30 giorni (meglio, 60, tenendo conto del diverso
termine per i rapporti domestici) non si possano adottare nuove espulsioni per
ingresso e soggiorno irregolare nei confronti di chi potenzialmente pu
accedere alla procedura (a mio parere, tutti gli irregolari salvo quanti
risulti o dichiarino di essere entrati dopo il 10 settembre: infatti, la
questione dei tre mesi richiesti dalla circolare problema di interpretazione
della legge, che dovr essere discusso nelle sedi opportune); b) nei confronti
di chi ha presentato la domanda, la moratoria si estende ovviamente fino
all'esito del procedimento individuale, non essendo ammissibile una valutazione
anticipata delle cause ostative da parte del funzionario che si trova ad
esaminare la situazione a seguito di un occasionale controllo.
Faccio ancora notare che la
"moratoria" esclude soltanto i provvedimenti di allontanamento per
quanti risultino "pericolosi per la sicurezza dello Stato": se le
parole hanno un senso, il riferimento deve essere inteso all'espulsione
disposta dal Ministro dell'interno (art. 13 co. 1) anzich a quella per
"pericolosit sociale" (13.2.c);
3) la terza casistica di cui ho notizia
quella di chi destinatario di un precedente decreto di espulsione attualmente
ostativo e non ha ancora presentato la domanda. A Torino, pare che i primi casi
siano stati trattati ricorrendo all'intimazione a lasciare il territorio entro
5 giorni, come nei casi indicati da Mughini nel suo messaggio. E' una soluzione
da un lato pi favorevole (non viene nell'immediato disposto il trattenimento o
eseguita direttamente l'espulsione), dall'altro ovviamente foriero di nuovi
guai (arresto e processo per direttissima a partire dal 6 giorno). Sarebbe
interessante in proposito sapere se si sono gi verificati altri casi analoghi
e se le intimazioni in questione sono state impugnate, con quale esito. A me
sembra che si dovrebbe tentare il ricorso al Tribunale ordinario (secondo i
principi enunciati da Sezioni Unite Cass. per i provvedimenti di diniego di
revoca) sostenendo che anche l'intimazione un "provvedimento di
allontanamento" e che pertanto, fino alla data di conclusione della
procedura, rientra nella "moratoria" disposta dall'art. 2 co. 1 del
d.l.
Mi scuso per la lunghezza del messaggio,
auspicando che si apra un confronto sia sulle prassi effettivamente seguite sia
sui criteri interpretativi dei limiti posti dall'art. 2 co. 1.
Massimo Pastore