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13/06/05 0.05.56
- Le alternative al carcere sono a tutela della persona e vanno applicate anche ai clandestini – Cassazione Penale, Sezione I, Sentenza n. 22161 del 10/06/2005

Gli stranieri privi di permesso di soggiorno e raggiunti da un provvedimento di espulsione non vanno solo per questo automaticamente esclusi dal regime delle misure alternative al carcere, se si trovano in prigione a scontare una condanna. Lo afferma la Corte di cassazione, con la sentenza n. 22161 della prima sezione penale depositata il 10 giugno, che spiega come il fine rieducativo della pena, sancito dalla Costituzione, non consente di introdurre discriminazioni fra cittadini e stranieri con tanto di permesso di soggiorno, da un lato, e clandestini, dall'altro. Per una ragione di fondo: la tutela della dignita’ della persona, indipendentemente dal suo diritto a stare in Italia, e’ alla base delle norme che regolano il sistema delle pene alternative, cui si deve poter accedere, se ricorrono i presupposti, da valutare caso per caso. Ne’ conta che il clandestino sia stato raggiunto da un decreto di espulsione, che lo allontanera’ dal nostro Paese quando avra’ scontato la sua pena: la risocializzazione non puo’ essere ristretta all'interno di connotati " nazionalistici". Non c'e’ differenza se la rieducazione del detenuto, insomma, dara’ frutti in Italia o all'estero.
La sentenza ha annullato un'ordinanza del tribunale di sorveglianza di Bologna, con la quale venivano negate le richieste di affidamento in prova al servizio sociale, di affidamento terapeutico, di semiliberta’ e di detenzione domiciliare presentate da un giovane extracomunitario. I giudici avevano ritenuto che, essendo stato espulso con decreto del prefetto, non esistevano valide prospettive di reinserimento sociale sul territorio. La Corte ha, invece, stabilito che « il regime delle misure alternative alla detenzione in carcere » puo’ « essere applicato anche allo straniero entrato illegalmente in Italia e colpito da provvedimento di espulsione amministrativa operante solo dopo l'esecuzione della pena » . Le norme che riguardano le misure alternative « sono dettate a tutela della dignita’ della persona umana, in se’ considerata e protetta indipendentemente dalla circostanza della liceita’ o non della permanenza nel territorio italiano » . Un'eventuale disparita’ di trattamento normativo sarebbe cosi’ indubbiamente contraria ai principi di uguaglianza e al canone della ragionevolezza dettati dalla Costituzione.

Fonte: Il Sole 24 Ore


 

 

 

 

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