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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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29.07.2011

Tribunale di Pescara: Discriminatorio il rifiuto del tesseramento ad una società calcistica del minore straniero non accompagnato affidato in Italia

 
L’obiettivo del contrasto al trafficking di giovani calciatori non può spingersi sino a negare in assoluto il libero esercizio dell’attività sportiva (Trib. Pescara, ordinanza dd. 14.06.2011 n. 656/11).
 
Tribunale di Pescara, ordinanza n. 656/2011 dd. 14.06.11 (87.71 KB)
 

Con un‘ordinanza depositata il 14 giugno scorso, il Tribunale di Pescara ha dichiarato cessata la materia del contendere in relazione ad un ricorso/azione giudiziaria anti-discriminazione inoltrato da due coniugi, affidatari di un minore senegalese giunto in Italia non accompagnato, i quali ne avevano chiesto il tesseramento ad una società calcistica per l'esercizio dell'attività sportiva.  Tale tesseramento era stato inizialmente rifiutato dalla F.I.G.C. (Federazione Italiana Gioco Calcio) sulla base degli artt. 19 e 19 bis del Regolamento FIFA sullo status e trasferimento dei giocatori. Tali norme prevedono infatti che il primo tesseramento da parte di una società calcistica di un minore straniero  di anni 18 possa avere luogo solo se questi  sia  giunto nel Paese di destinazione assieme ai genitori per motivi indipendenti dal calcio, ovvero abbia compiuto il 16° anno di età ed  il trasferimento avvenga all'interno dell'Unione europea o dell'Area economica europea (AEE) ed in questo caso la società calcistica deve assicurare  anche una formazione scolastica o professionale adeguata al minore  accanto a quella calcistica.

Tali norme del Regolamento FIFA risponderebbero alla finalità di contrastare il fenomeno del trafficking  internazionale di calciatori di minore età, in quanto succede talvolta che tali minori, una volta compiuta la maggiore età, qualora non riescano ad inserirsi nella carriera calcistica professionistica, vengono abbandonati dalle società e dunque si trovano privi di possibilità alternative  di  inserimento sociale  per la mancanza di una formazione scolastica o professionale parallela a quella calcistica.

Gli affidatari del minore senegalese avevano dunque promosso un'azione giudiziaria anti-discriminazione avverso il diniego opposto dalla FIGC, sostenendo che l'interdizione alla pratica sportiva del minore costituiva un comportamento discriminatorio fondato sulla nazionalità. Nelle more del procedimento giudiziario, e prima dell' udienza fissata dal giudice del tribunale di Pescara, la FIGC rivedeva la sua decisione, revocando la decisione iniziale e acconsentendo al tesseramento del minore.

Pur dichiarando cessata la materia del contendere, il giudice nell'ordinanza sottolinea che non appare legittima l'applicazione  delle norme di cui agli artt. 19 e 19 bis del Regolamento FIFA nelle situazioni in cui il minore straniero extracomunitario, giunto in Italia non accompagnato dai genitori, venga successivamente affidato ex art. 5 della legge n. 183/1984, in quanto gli affidatari sono chiamati conseguentemente a svolgere per legge le funzioni dei genitori. Ne consegue, pertanto, che l'impedimento tout court all'attività sportiva, previsto dal Regolamento FIFA,  con relativa compressione del libero esercizio di un diritto,  appare una misura sproporzionata rispetto agli obiettivi che la norma stessa si prefigge.

Con una lettera inviata  il 19 aprile scorso alla FIGC, ASGI, Rete G2 e Save the Children  avevano affermato  che l'applicazione degli art. 19 e 19 bis del Regolamento FIFA nei confronti dei minori stranieri non accompagnati appare una misura sproporzionata e irragionevole in quanto finisce per impedire al minore medesimo di avvalersi della pratica sportiva quale possibile occasione di inclusione nella società italiana e dunque proprio tale divieto potrebbe costituire fonte di ulteriore marginalità  sociale del minore anziché di una sua maggiore protezione.

Per tale ragione, le associazioni firmatarie avevano precisato che un'applicazione rigida dell'art. 19 del Regolamento FIFA appare in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza, creando una discriminazione illegittima nei confronti dei minori stranieri rispetto a quelli di cittadinanza italiana nell'esercizio dell'attività sportiva, in violazione quindi anche dell'art. 43 del d.lgs. n. 286/98. Le associazioni firmatarie avevano dunque richiesto alla FIGC di riconsiderare il proprio comportamento.

Il testo della lettera inviata da ASGI, G2 e Save the Children alla FIGC, può essere scaricata dal link: http://www.asgi.it/public/parser_download/save/lettera_figc_tesseramento_calciatori_minori_non_accompagnati.pdf


A cura del servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose. Progetto ASGI con il sostegno finanziario della Fondazione Charlemagne ONLUS
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