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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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21.03.2011

Conseil d'État Français, decisione del 21 marzo 2011, n. 345978

 
 

a cura di Andrea Natale, giudice presso il Tribunale di Torino

L'art. 7 § 1, primo periodo, Direttiva n. 115/2008/CE è norma dotata di effetto diretto, contenendo obbligazioni gravanti sugli Stati membri espresse in termini non equivoci, non soggette ad alcuna condizione e non subordinate -quanto all'effettività- ad alcun atto di ulteriore attuazione da parte delle Istituzioni europee o degli Stati membri.

Non incide sul carattere incondizionato e sufficientemente preciso dell'art. 7 § 1 della direttiva, la facoltà assegnata agli stati di prevedere che il termine per la partenza volontaria sia accordata solo su richiesta dell'interessato.

Sino a che -in ottemperanza alla disposizione dell'art. 3 n. 7) direttiva 115/2008/CE- lo Stato non abbia fissato nella legislazione nazionale i criteri obiettivi sulla base dei quali deve essere ritenuta la sussistenza del rischio di fuga, lo Stato stesso non può avvalersi -per negare la concessione di un termine appropriato per la partenza volontaria- dell'eccezione prevista dall'art. 7 § 4 della direttiva, considerabile separatamente dalle precedenti disposizioni dell'art. 7.

Il Consiglio di Stato, supremo organo di giustizia amministrativa francese, è stato chiamato a pronunciarsi sulla direttiva 115/2008/CE (cd. Direttiva rimpatri); il caso nasce nelle aule del Tribunale amministrativo di Montreuil, che si è dovuto occupare di due cittadini stranieri (il sig. Liang ed il sig. Kadarou) che erano stati -rispettivamente- colpiti da un ordine di trattenimento in una struttura simile ai nostri C.I.E. e da un provvedimento di accompagnamento coattivo alla frontiera.

L'ordinamento francese in materia di immigrazione è regolato dal cd. CESEDA (code de l'entrée et du séjour des étrangers et du droit d'asile, codice di ingresso e soggiorno degli Stranieri e del diritto d'Asilo) che -in ipotesi simili a quelle del sig. Liang e del Sig. Kadarou, considerate dall'art. 511 del CESEDA- non prevede che sia concesso un termine per la partenza volontaria.

Di questo, ovviamente, ha dovuto occuparsi il supremo organo francese di giustizia amministrativa. Al di là delle specificità del caso francese, si tratta evidentemente di questioni che hanno un rilievo anche per l'ordinamento amministrativo e penale italiano.

Da un lato, va considerato che le fattispecie incriminatrici di cui all'art. 14, comma 5 ter e 5 quater, d.lgs. n. 286/1998 hanno come necessario presupposto l'esistenza di una valida procedura amministrativa. Dall'altro lato, se si condividesse la tesi propugnata dal Consiglio di Stato francese, si dovrebbe riflettere anche sulla validità amministrativa dei provvedimenti dei Questori italiani che -in ossequio alla cd. Circolare Manganelli- in molti casi negano al cittadino di Paese terzo il diritto alla concessione di un termine per la partenza volontaria, ritenendo sussistente il rischio di fuga ed elaborando una interpretazione correttiva dell'ordinamento interno non fondata sulla legge (sono, in sostanza, i questori -e non la legge- ad elaborare i criteri sulla base dei quali ritenere il rischio di fuga).

I profili affrontati dal Consiglio di Stato investono la portata applicativa dell'art. 7 della direttiva rimpatri. Nell'affrontare le questioni sottoposte, il Conseil d'Etat ha ritenuto l'effetto diretto dell'art. 7 § 1 della direttiva rimaptri e affermato alcuni importanti principi:

1. l'art. 7 § 1, primo periodo, direttiva n. 115/2008/CE è norma dotata di effetto diretto, contenendo obbligazioni gravanti sugli Stati membri espresse in termini non equivoci, non soggette ad alcuna condizione e non subordinate -quanto all'effettività- da alcun atto di ulteriore attuazione da parte delle Istituzioni europee o degli Stati membri. Ne consegue che una decisione di rimpatrio deve indicare un termine -appropriato a ciascuna situazione- del quale può disporre il cittadino di Paese terzo per fare ritorno al proprio Paese; termine che non può essere inferiore a sette giorni (fatta eccezione per i casi di cui all'art. 7 § 4 della direttiva) e non superiore a trenta giorni, a meno che le circostanze specifiche del caso non rendano necessario un prolungamento di tale termine. (Per tale ragione il Consiglio di Stato francese ha ritenuto che le disposizioni del paragrafo II dell'articolo L.511-1 del codice di ingresso e soggiorno degli Stranieri e del diritto d'Asilo (code de l'entrée et du séjour des étrangers et du droit d'asile, cd. CESEDA) siano incompatibili con gli obiettivi dagli art. 7 e 8 della direttiva rimpatri, nella parte in cui non impongono che una misura di accompagnamento alla frontiera non sia accompagnata dalla concessione di un termine appropriato per l'allontanamento volontario, fatti salvi i casi di cui all'art. 7 § 4).

2. Non incide sul carattere incondizionato e sufficientemente preciso dell'art. 7 § 1 della direttiva la facoltà assegnata agli stati di prevedere che il termine per la partenza volontaria sia accordata solo su richiesta dell'interessato; ciò sino a che lo Stato membro non abbia esercitato la facoltà che è stata offerta dalla direttiva.

3. Essendo il recepimento delle direttive comunitarie un obbligo costituzionale per il legislatore, allorquando una direttiva lasci agli Stati membri margini d'apprezzamento più o meno ampi per il recepimento delle sue disposizioni, ciò non può impedire ai privati d'invocare quelle disposizioni della direttiva che -tenuto conto del loro oggetto- siano considerabili in modo autonomo e possano trovare separatamente immediata applicazione. Ciò costituisce una garanzia minima in favore degli interessati lesi dalla mancata esecuzione della direttiva che, se si consentisse agli stati membri di frustrarne l'efficacia con comportamenti inerti, non potrebbero giovarsi degli effetti favorevoli che certe disposizioni della direttiva -in ragione del loro contenuto- sono suscettibili di produrre.

4. Sino a che -in ottemperanza alla disposizione dell'art. 3 n. 7) direttiva 115/2008/CE- lo Stato non abbia fissato nella legislazione nazionale i criteri obiettivi sulla base dei quali deve essere ritenuta la sussistenza del rischio di fuga, lo Stato stesso non può avvalersi dell'eccezione prevista dall'art. 7 § 4 della direttiva, considerabile separatamente dalle precedenti disposizioni dell'art. 7.

Se si condivide tale tesi, le ricadute sulla validità degli ordini dei Questori confezionati in ossequio alla c.d. circolare Manganelli è, quantomeno, dubbia. Con inevitabili conseguenze:

a) nei nostri processi penali

b) sul versante dell'attività riservata ai Giudici di Pace.

 

Per maggiori informazioni:

Code de l'entrée et du séjour des étrangers et du droit d'asile - Version consolidée au 16 mars 2011

Conseil d'État Français, decisione del 21 marzo 2011, n. 345978

Un sentito ringraziamento al dott. Andrea Natale per questo prezioso contributo e all'Avv. Guido Savio per la segnalazione.