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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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31.05.2011

Tribunale di Gorizia: Discriminatoria e contraria alla direttiva n. 109/2003 sui lungo soggiornanti la normativa regionale del FVG che subordina ad un requisito di anzianitą di residenza in Italia e nella regione la concessione di un assegno di natalitą

 
Cessa la materia del contendere se il Comune disapplica il requisito discriminatorio ed assegna il beneficio prima dell'udienza.
 
Tribunale di Gorizia, ordinanza n. 212/2011 dd. 26.05.2011 (140.76 KB)
Quadro riepilogativo della legislazione regionale sugli istituti di welfare del F.V.G. che contiene profili discriminatori. Fonte: ASGI FVG dic. 2010 (37.41 KB)
La lettera della Commissione europea dd. 6.4.2011 di costituzione in mora dell'Italia relativamente alla procedura di infrazione n. 2009/2001 (459.13 KB)
Nota della Commissione europea dd. 25.02.2011 in merito alla legislazione regionale sul welfare del FVG (298.73 KB)
Il testo del ddl bocciato dalla giunta regionale del FVG nella seduta del 29.04.2011 (modifica alla normativa sul welfare) (69.21 KB)
 

Con ordinanza n. 212/2011 dd. 26 maggio 2011, il giudice del lavoro del Tribunale di Gorizia ha dichiarato cessata la materia del contendere  fra le parti in relazione ad un ricorso/azione giudiziaria anti-discriminazione presentata congiuntamente da una cittadina  della Costa d'Avorio, titolare di un permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti e residente a Gorizia, e dall'ASGI, contro il diniego opposto inizialmente dal Comune di Gorizia a concedere ed erogare alla prima un assegno di natalità previsto da una normativa regionale del FVG. Tale normativa regionale (art. 8 bis della l.r. FVG n. 11/2006, introdotto dall'art. 10 c. 25 della l.r. n. 17/2008), subordina al requisito di anzianità di residenza decennale in Italia e quinquennale nella Regione FVG di almeno uno dei genitori, la concessione ed erogazione di un assegno di natalità una tantum pari a 600 euro correlato alla nascita di un figlio all'interno di nuclei familiari a basso reddito. L'assegno di natalità viene concesso ed erogato dai Comuni di residenza dei richiedenti, sulla base di fondi messi a disposizione dalla Regione.

Nel ricorso, la cittadina ivoriana e l'ASGI hanno sostenuto che il diniego all'erogazione del beneficio, basato sul mancato soddisfacimento di un requisito di anzianità di residenza, viene a violare l'art. 11 della direttiva n. 109/2003 concernente  il principio di parità di trattamento in materia di prestazioni di assistenza sociale dei cittadini di Paesi terzi non membri dell'UE in possesso del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti. Questo  in quanto tali norme del diritto europeo vanno interpretate non soltanto come divieto di discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza, ma anche come vietanti qualsiasi forma di discriminazione che, applicando altri criteri distintivi apparentemente neutri, conducano di fatto allo stesso risultato. L'ASGI ha dunque sostenuto che il requisito di anzianità di residenza decennale in Italia richiesto dalla normativa della Regione FVG, unitamente a quello quinquennale sul territorio regionale, costituiscono una discriminazione nei confronti dei soggiornanti di lungo periodo protetti dal diritto europeo, in quanto tali requisiti sono più facili da soddisfare per i cittadini italiani, tanto più che è stata prevista una deroga specifica per i corregionali all'estero e i loro discendenti.

Il giudice di Gorizia ha condiviso le argomentazioni dell'ASGI sostenendo nell'ordinanza come sia "assolutamente evidente che la normativa regionale ha natura discriminatoria ed è in contrasto con la normativa comunitaria nella parte in cui prevede tra i requisiti  per la corresponsione dell'assegno quello relativo all'anzianità di residenza decennale in Italia e quinquennale in FVG" .

Tuttavia, il giudice del lavoro di Gorizia ha preso atto che prima dell'udienza fissata per la discussione del ricorso, il Comune di Gorizia ha provveduto a disapplicare la disciplina regionale nella parte ritenuta discriminatoria, assegnando il beneficio sociale alla cittadina ivoriana ricorrente.

Di conseguenza, il giudice del lavoro ha dichiarata cessata la materia del contendere tra le parti e ha posto a carico del Comune di Gorizia soltanto un rimborso forfetario delle spese legali.


La normativa discriminatoria della Regione FVG sul welfare continua ad essere al centro dell'attenzione non solo nelle aule giudiziarie, ma anche nelle sedi delle istituzioni europee a Bruxelles, in quanto sono in corso due distinte procedure di infrazione del diritto dell'Unione europea promosse dalla Commissione europea.

Con una lettera inviata il 7 aprile scorso alla Rappresentanza permanente italiana presso l'Unione europea, la Commissione europea ha, infatti, messo in mora l'Italia  con riferimento tra l'altro alle normative in materia di benefici di welfare promosse dalla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia nel corso della presente legislatura. Tale Regione ha infatti intrapreso una politica di riforma del welfare regionale fondata su due criteri fondamentali: quello di "autoctonia" (cioè sulla esclusività o preferenza o priorità nell'assegnazione ed erogazione dei benefici sociali alle persone residenti da lungo tempo nel territorio nazionale e regionale) e di "consanguineità" (la preferenza nell'accesso agli istituti di welfare ai discendenti di emigranti dal territorio dell'odierno FVG che hanno inteso stabilire la loro residenza nel FVG:  solitamente trattasi di  discendenti anche di terza o quarta generazione di emigranti che hanno lasciato il Friuli tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento per recarsi in Paesi del Sud America e che hanno conservato o possono riacquistare la cittadinanza italiana in base al principio dello jus sanguinis).

A tale riguardo, la Commissione europea sottolinea nella lettera di messa in mora che «tali disposizioni regionali in forza delle quali l'accesso agli alloggi di edilizia pubblica e a diverse misure di politica familiare sono subordinati ad un determinato numero di anni di presenza sul territorio nazionale e/o regionale costituiscono una discriminazione nei confronti dei soggiornanti di lungo periodo che risiedono abitualmente nel territorio italiano, in violazione dell'articolo 11 paragrafo 1, lettere d) e f)». Infatti, secondo la Commissione, «tale requisito è più facile da soddisfare per i cittadini italiani, tanto più che è stata prevista una deroga specifica per i corregionali all'estero e i loro discendenti che abbiano ristabilito la loro residenza in regione» per cui «tale norma equivale ad imporre ai soggiornanti di lungo periodo un ulteriore requisito correlato alla durata del soggiorno in Italia per beneficiare dei diritti di cui all'art. 11 della direttiva, nonostante tali diritti derivino direttamente dal permesso di soggiorno di lungo periodo e vadano direttamente concessi al titolare del permesso di soggiorno».

L'Italia ha dunque tempo fino al 6 giugno prossimo per presentare le proprie osservazioni in relazione alla procedura di infrazione aperta nei suoi confronti in relazione alle normative sul welfare della Regione autonoma FVG. In caso di mancata risposta ovvero di una risposta non soddisfacente, la Commissione europea potrà emettere un parere motivato, secondo quanto previsto dall'art. 258 del TFUE.

Nel corso del mese di marzo 2011, la Regione F.V.G. ha ricevuto dal Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie presso la  Presidenza del  Consiglio dei Ministri un'ulteriore richiesta di informazioni dalla Commissione europea dd. 25 febbraio 2011, volta a verificare la compatibilità delle normative regionali in materia di welfare (inclusa quella sul fondo locazioni) con la direttiva n. 2004/38/CE in materia di libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea. In tale missiva della Commissione europea, inviata nell'ambito del sistema di comunicazione EU-Pilot,  viene precisato che, secondo la giurisprudenza costante della Corte di Giustizia europea, le norme relative alla parità di trattamento previste dal diritto UE "vietano non solo le discriminazioni palesi, in base alla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che fondandosi su altri criteri di distinzione, pervenga in effetti al medesimo risultato". La Commissione europea, dunque puntualizza, che i requisiti di residenza previsti dalle leggi regionali in materia di welfare risultano contrarie alle disposizioni contenute nell'art. 24 della direttiva n. 2004/38/CE, in quanto appaiono più facili da soddisfare per i cittadini italiani rispetto ai cittadini migranti dell'UE (in proposito si veda Commissione europea, direzione generale giustizia, Direzione C: diritti fondamentali e cittadinanza dell'Unione, Richiesta di informazioni EU-Pilot su presunte violazioni della direttiva 2004/38/CE da parte dell'Italia, lettera a firma di Aurel Ciobanu- Dordea dd. 25 febbraio 2011).

Nella seduta della giunta regionale del FVG svoltasi il 29 aprile scorso, l'Assessore regionale con delega per le politiche familiare, Roberto Molinaro,  aveva presentato  una proposta di riforma delle normative regionali discriminatorie sul welfare (allegato alla generalità n. 762), che, se approvata dal  consiglio regionale,  renderebbe  compatibile la normativa regionale con gli obblighi costituzionali e comunitari. Tuttavia,  tale disegno di legge non ha trovato l'approvazione delle altre componenti della maggioranza  che forma il governo regionale, ed in primo luogo  della Lega Nord.   

In mancanza di una riforma della normativa regionale discriminatoria sul welfare, è dunque probabile che la Commissione europea porterà a compimento  la procedura di infrazione del diritto UE (n. 2009/2001) promossa in base all'art. 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, inviando alle autorità italiane il parere motivato, con il quale saranno assegnati due mesi di tempo per adeguare la normativa agli obblighi scaturenti dal diritto UE pena l'avvio di un procedimento dinanzi alla Corte di Giustizia dell'Unione europea.


a cura del servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose.  Progetto ASGI con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.

 
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