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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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03.06.2011

Tribunale di Vicenza: E' discriminatoria la condotta del Comune di Montecchio M. che aumenta arbitrariamente i parametri per il rilascio dei certificati di idoneitą abitativa degli alloggi in uso agli stranieri

 
Accolto il ricorso di CGIL-CISL e UIL, con il sostegno dei legali dell'ASGI. Il Comune condannato anche al risarcimento del danno morale.
 
Tribunale di Vicenza, ordinanza n. 1684/2011 Rep. n.08/2011 cron. dd. 31.05.2011 (CGIL, CISL, UIL c. Comune di Montecchio M.) (1153.1 KB)
Delibera della Cittą di Montecchio Maggiore (Vicenza) in materia di certificato di idoneitą abitativa (71.64 KB)
 

Il Tribunale civile di Vicenza, con l'ordinanza  depositata il 31 maggio scorso (n. 1684/11 rep e 2208/11 cron.), ha accolto il ricorso/azione giudiziaria anti-discriminazione ex art. 44 d.lgs. n. 286/98  inoltrato da sei cittadini stranieri nonché da CGIL-CISL-UIL Vicenza, con il sostegno dei legali dell'ASGI, contro le delibere del Comune di Montecchio Maggiore (VI) (n. 233 dd. 6 luglio 2009 e n. 347 dd. 8 dicembre  2009) con le quali sono stati rivisti i parametri utilizzati per il  rilascio del certificato di idoneità abitativa ai cittadini stranieri e i medesimi parametri sono stati resi uniformi ai fini  della presentazione delle istanze di ricongiungimento familiare, di rilascio del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti e di stipula del "contratto di soggiorno" richiesto in sede di avvio di un'attività di lavoro subordinato. La delibera comunale aveva innalzato sensibilmente tali parametri rispetto ai dimensionamenti minimi degli alloggi  previsti dal noto Decreto Ministero della Sanità 05 luglio 1975, che la circolare del Ministero dell'Interno n. 7170 dd. 18 novembre 2009 ha adottato quali criteri di riferimento ai fini della procedura di ricongiungimento familiare.

La delibera n. 347/2009 del Comune di Montecchio Maggiore aveva inoltre arbitrariamente esteso l'applicazione dei criteri relativi al certificato di idoneità abitativa alle disposizioni in materia di dichiarazione di ospitalità degli stranieri di cui all'art. 7 del d.lgs. n. 286/98, disponendo il divieto di ospitare alcun soggetto straniero allorchè il numero delle persone presenti nell'abitazione sarebbe divenuto superiore a quello indicato nel certificato di idoneità dell'alloggio.

Successivamente all'emanazione dell'ordinanza, l'Amministrazione comunale aveva disposto una serie di controlli a tappeto, effettuati di sera o di primo mattino, con il coinvolgimento delle Forze dell'Ordine, su circa 200 persone straniere all'interno dei loro appartamenti, al fine ufficialmente di rilevare situazioni di sovraffollamento e commutare dunque  sanzioni amministrative  da 50 a 320 euro.

Nel ricorso, i legali di CGIL-CISL-UIL e degli altri ricorrenti hanno sostenuto che le delibere esorbitavano da un corretto riparto delle competenze spettanti al Comune in quanto venivano ad incidere arbitrariamente sulla condizione di ingresso e di soggiorno dello straniero, di esclusiva competenza statuale, con ciò violando gli art. 10 c. 2 e  117 comma 2 lett. b) e i) della Costituzione.

Veniva inoltre sostenuto che la normativa europea in materia di ricongiungimento familiare (direttiva n. 2003/86/CE) e quella interna in materia di ingresso e soggiorno dello straniero, certo prevedono il soddisfacimento di determinati requisiti abitativi ai fini della regolare condizione giuridica dello straniero, ma questi requisiti  debbono essere parametrati secondo le norme generali di sicurezza e salubrità in vigore nello Stato,  in relazione a quanto previsto per la collettività in generale, non consentendosi dunque l'imposizione nei confronti degli stranieri di misure vessatorie, sproporzionate ed arbitrarie volte soltanto a contrastare il loro godimento dei diritti fondamentali di soggiorno, di accesso all'abitazione, all'attività lavorativa e alla riunificazione familiare .

L'imposizione del tutto arbitraria di impedimenti all'ospitalità di connazionali nella propria abitazione costituiva, inoltre,  a detta dei legali di  ASGI, CGIL-CISL e UIL, una violazione palese del diritto al rispetto alla vita privata e familiare, sancito dalla Carta Costituzionale e dalla Carta europea dei diritti dell'Uomo.

I legali delle organizzazioni sindacali contestavano inoltre la legittimità di controlli di polizia ed amministrativi fondati esclusivamente sulla condizione di cittadinanza straniera degli interessati, in quanto in palese violazione dei principi costituzionali di eguaglianza e di non-discriminazione.

Per tali ragioni, CGIL-CISL e UIL avevano richiesto al Tribunale di Vicenza di accertare la natura discriminatoria delle delibere del Comune di Montecchio maggiore e di ordinare pertanto la loro abrogazione, nonché l'annullamento di tutti i verbali di accertamento di violazioni amministrative che ne erano conseguiti.

Il ricorso ha trovato accoglimento da parte del giudice civile di Vicenza, almeno con riferimento ai suoi aspetti fondamentali. Il giudice ha accolto solo parzialmente l'eccezione avanzata dai legali del Comune di Montecchio M. riguardante il difetto di legittimazione attiva delle organizzazione sindacali, affermando che le medesime possono intervenire nel giudizio solo ad adiuvandum delle posizioni sostanziali fatte valere individualmente dai ricorrenti individuali e non direttamente  in via autonoma, in quanto non risultano iscritte nell'apposito registro delle associazioni legittimate ad agire nelle cause antidiscriminazione per motivi etnico-razziali di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 215/2003 di recepimento della direttiva europea n. 2000/43, così come l'art. 44 del T.U. immigrazione consente alle rappresentanze locali delle OO.SS. maggiormente rappresentative a livello nazionale di presentare ricorso per la proposizione di azione civile contro la discriminazione in caso di comportamenti o atti discriminatori di carattere collettivo, solo allorquando il fatto discriminatorio si verifichi nell'ambito di un rapporto di lavoro.

Il giudice di Vicenza ha respinto l'eccezione sollevata dal Comune di Montecchio M. secondo cui vi sarebbe stata carenza di interesse dei soggetti privati ad agire per inesistenza di una lesione concreta ed attuale in danno ai medesimi, stante il carattere generale ed astratto della disciplina regolamentare adottata dal Comune. Secondo il giudice, invece, la tutela offerta dall'azione giudiziale anti-discriminatoria è caratterizzata da un'ampiezza suscettibile di svolgersi anche con riferimento a situazioni soggettive anche solo potenzialmente lese e dunque anche in via anticipata e preventiva rispetto alla realizzazione della lesione del diritto soggettivo.

Il giudice civile di Vicenza ha pure respinto l'eccezione di incompetenza sollevata dal Comune di Montecchio M., sottolineando che la normativa anti-discriminatoria di cui agli artt. 43 e 44 del d.lgs. n. 286/98 e ai d.lgs. n. 215 e 216/2003 ha riservato espressamente al giudice ordinario lo scrutinio del carattere eventualmente discriminatorio di atti o comportamenti della P.A., senza alcuna distinzione tra discriminazioni che incidano su posizioni qualificabili di diritto soggettivo o di interessi legittimi e senza distinzione alcuna in ordine al fatto che la condotta discriminatoria  della P.A. si sia manifestata attraverso l'adozione di un atto amministrativo -ossia nella forma tipica dell'esercizio del potere autoritativo - ovvero mediante un mero comportamento materiale. Del resto l'ordinanza del giudice di Vicenza ricorda che il diritto a non essere discriminati per motivi etnico- razziali e/o di nazionalità  costituisce diritto fondamentale ed espressione di principi e valori di assoluto rango costituzionale e di diritto internazionale e dell'Unione europea, la cui tutela deve essere pertanto devoluta alla cognizione del giudice ordinario. Viene ricordato, peraltro, che tale questione, è stata recentemente risolta dalla Corte di Cassazione con le ordinanze n. 3670 e 7186/2011 che hanno sancito come  l'azione giudiziaria anti-discriminazione di cui all'art. 44 del d.lgs. n. 286/98 sia stata individuata dal legislatore  come modello processuale tipico e sovrano per le discriminazioni, rimedio speciale in tutti i casi in cui venga impugnato l'atto in quanto comportamento discriminatorio, senza che abbia rilevanza alcuna se l'asserita discriminazione sia stata compiuta da privati o dalla P.A. ovvero incida su posizioni giuridiche qualificabili come diritto soggettivi o interessi legittimi. In particolare con l'ordinanza  n. 7186/2011, la Corte di Cassazione ha concluso che  l'azione giudiziaria anti-discriminazione dinanzi al giudice ordinario trova applicazione anche quando il comportamento asseritamente discriminatorio della P.A. abbia riguardato un procedura di tipo concorsuale.

Per quanto concerne il merito, il giudice civile di Vicenza ha riconosciuto la natura discriminatoria delle deliberazioni  del Sindaco di Montecchio Maggiore in materia di requisiti per il rilascio dei certificati di idoneità abitativi in quanto realizzano una disparità di trattamento tra cittadini stranieri e italiani per quanto riguarda l'accesso all'abitazione, quale bene tutelato anche da norme di rango costituzionale. Secondo il giudice di Vicenza, infatti, "è innegabile l'incidenza negativa per i cittadini stranieri derivante dall'applicazione concreta dei nuovi parametri dimensionali [richiesti ai fini del rilascio del certificato di idoneità abitativa],  potendo presumibilmente usufruire di alloggi adeguati e conformi ai nuovi criteri un numero di stranieri sicuramente più ridotto rispetto al passato".

Secondo il giudice di Vicenza, la discriminazione operata nei confronti dei cittadini stranieri è evidente, anche in relazione alle evidenti finalità discriminatorie della misura, al di là dei proponimenti apparentamenti neutrali o addirittura fuorvianti utilizzati per giustificarla. A dimostrazione della finalità discriminatoria delle delibere comunali, viene citata la coerenza delle medesima con il programma elettorale dell'Amministrazione, volto ad emarginare ed escludere le componenti non autoctone della cittadinanza, nonché il fatto che, dopo la loro emanazione, l'Amministrazione comunale si sia prodigata  per applicare le delibere in maniera selettiva, attraverso dei controlli a tappeto eseguiti dalla Polizia locale nelle abitazioni dei cittadini extracomunitari residenti, al fine di verificare la conformità degli alloggi con i nuovi parametri di abitabilità. A tale riguardo, il giudice di Vicenza ha respinto le argomentazioni proposte dal Comune resistente secondo cui le nuove disposizioni  in materia di anagrafe  introdotte con la legge  n. 94/2009 consentirebbero verifiche  sul sovraffollamento degli alloggi in occasione di ogni nuova richiesta di iscrizione anagrafica , indipendentemente se presentata da cittadino italiano o straniero, così come alle comunicazioni di ospitalità di cui all'art. 7 del D.lgs. n. 286/98 sono assoggettati anche i cittadini italiani.  Dai riscontri effettuati nel corso del procedimento giudiziario, è emerso infatti che destinatari sostanziali dell'ordinanza  sindacale sono stati prevalentemente i cittadini extracomunitari e, per tale ragione, i poteri di controllo dell'abitabilità degli alloggi sono stati esercitati in contrasto con i principi di imparzialità, identificando talune categorie di residenti, scelti in ragione della loro nazionalità e segnatamente gli extracomunitari, con ciò concretizzando una politica discriminatoria ("ethnic profiling"), non sorretta da alcuna razionale causa giustificatrice fondata su obiettive ragioni di ordine pubblico, sicurezza pubblica o sanità pubblica. Ne è derivata dunque, secondo il giudice di Vicenza, una flagrante violazione delle norme interne e comunitarie vietanti la discriminazione su base etnico-razziale  (art. 44 T.U. imm. e d.lgs. n. 215/2003 di recepimento della direttiva europea "razza" - n. 2000/43/CE).

Infine,  il giudice di Vicenza afferma che il Comune di Montecchio Maggiore non poteva  ignorare i dettami della Circolare del Ministero dell'Interno n. 7170 dd. 18/11/2009, che prevedono che i Comuni debbano fare riferimento ai parametri fissati dal D.M. Sanità del 5/7/1975 ai fini di individuare i criteri per il rilascio del certificato di idoneità abitativa necessario per la procedura di ricongiungimento familiare, in quanto tale circolare ha una forza precettiva  che le deriva dalla necessità  di dare certezza alle modalità di realizzazione del diritto alla riunificazione familiare, in modo da rendere omogenea per l'intero territorio nazionale la disciplina in materia, come richiesto anche dalle fonti nazionali ed europee, in particolare la direttiva europea n. 86/2003/CE.

Dall'accertamento della natura discriminatoria della condotta del Comune di Montecchio Maggiore, è derivato l'ordine impartito dal giudice di Vicenza di cessarla e rimuoverne gli effetti anche se  la tutela discriminatoria non può estendersi all'abrogazione delle delibere  citate  nonché all'annullamento dei verbali di accertamento delle violazioni amministrative notificate dall'Amministrazione.

Apprezzabile è la decisione assunta dal giudice di Vicenza di  accogliere l'istanza di risarcimento del danno non patrimoniale avanzata dai ricorrenti, nelle forme del danno morale in senso stretto e nella misura di 500 euro per ciascun soggetto. Questo al fine di realizzare le finalità previste dalla direttiva europea n. 2000/43/CE, all'art. 15, secondo cui i risarcimenti previsti nelle leggi nazionali debbono essere effettivi, proporzionati e dissuasivi.   Il Comune di Montecchio Maggiore è stato pure condannato al pagamento delle spese processuali nella misura  di  6,500 euro per diritti e onorari più il 12,5% per rimborso delle spese generali.

Ancora una volta risulta dunque evidente l'irresponsabilità del comportamento assunto da talune  Amministrazioni locali che nel voler mettere in atto comportamenti discriminatori a danno dei cittadini stranieri regolarmente residenti, in palese violazione dei principi costituzionali e del diritto dell'Unione europea, espongono le loro collettività locali  ad un rilevante danno economico, pagato, purtroppo, in ultima istanza, dai contribuenti.


Contro le delibere del Comune di Montecchio Maggiore (VI) aveva preso posizione anche l'UNAR (Ufficio Nazionale Anti-Discriminazioni Razziali), con una lettera del suo direttore datata 9 novembre 2010 (in proposito: http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=1309&l=it ) .

Si ringrazia per la segnalazione l'avv. Enrico Varali, del Foro di Verona.

A cura del servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose. Progetto ASGI con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.

 
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