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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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25.05.2011

TAR Lombardia: Annullate ordinanze discriminatorie di comuni della Brianza in materia di iscrizione anagrafica dei cittadini stranieri

 
Accolto il ricorso proposto dall'ANOLF (TAR Lombardia, sez. III, sentenza n. 1238/2011 dd. 13.05.2011).
 
TAR Lombardia, sez. III, sentenza n. 1238/2011 depositata il 16.05.2011 (85.79 KB)
 

Il Tar Lombardia, III sez.,  con sentenza n. 1238/2011 dd. 13.05.2011 depositata il 13 maggio scorso, ha accolto il ricorso proposto dall'ANOLF Lombardia contro le ordinanze di alcuni Sindaci della Brianza che limitavano il diritto all'iscrizione nei registri anagrafici della popolazione residente dei cittadini stranieri, comunitari ed extracomunitari.

Il giudice amministrativo lombardo ha concluso che  le ordinanze dei Sindaci  dovevano  essere annullate nelle parti: a) in cui subordinano l'iscrizione anagrafica dei cittadini extracomunitari alla esibizione della carta di soggiorno del passaporto e del visto di ingresso, alla dimostrazione della idoneità della situazione alloggiativa, alla dimostrazione del possesso di un reddito annuo superiore al livello minimo per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria qualora siano in attesa di rinnovo del permesso di soggiorno; b) in cui subordinano l'iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari già iscritti nei registri anagrafici di altri comuni italiani che intendano trasferire la propria residenza nei comuni resistenti a dare prova del possesso dei requisiti richiesti dalla direttiva 38/04 e dal D.Lgs 30 del 2007 ai fini del soggiorno ultratrimestrale sul territorio italiano; c) in cui subordinano l'iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari che intendano iscriversi per la prima volta nei registri anagrafici italiani di dare dimostrazione del possesso di un reddito superiore alla soglia di esenzione alla compartecipazione sanitaria, senza tener conto della situazione personale del richiedente; d) in cui subordinano l'iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari che intendano iscriversi per la prima volta nei registri anagrafici italiani all'accertamento da parte degli uffici della veridicità di quanto dichiarato (salvo la successiva cancellazione in caso di falsità) e della liceità delle fonti di ricchezza dichiarate.


Il TAR Lombardia ricorda nella sentenza che i Comuni non sono titolari di ordinaria potestà regolamentare o, comunque, normativa, né per quanto riguarda la disciplina della condizione giuridica dello straniero né per quanto riguarda quella del servizio anagrafico in quanto l'art. 117 Cost. attribuisce le materie dell'immigrazione e della cittadinanza alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.

Riguardo ai cittadini dell'Unione europea,  la normativa interna che ha recepito la direttiva CE relativa al diritto di soggiorno e circolazione dei cittadini comunitari e dei loro familiari fa coincidere l' "iscrizione presso le autorità competenti" prevista dall'art. 8 della direttiva medesima con l'iscrizione nei registri anagrafici disciplinata dalla L. 1128 del 1954 e dal relativo regolamento di attuazione approvato con D.P.R. n. 223 del 1989. Tuttavia, ricorda il TAR, ciò non significa che i comuni abbiano acquisito una potestà normativa che li abiliti a disciplinare sul piano sostanziale o su quello procedurale la registrazione negli elenchi anagrafici dei cittadini comunitari, in quanto la competenza a legiferare sulla materia è attribuita in  via esclusiva allo Stato e la tenuta dei registri anagrafici è attribuita al Sindaco nella sua veste di Ufficiale del  Governo.

Riguardo al potere di ordinanza attribuito ai Sindaci dagli artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000, il TAR Lombardia ricorda che esso può essere esercitato solo qualora siano da fronteggiare situazioni di pericolo per l'igiene, l'incolumità o la sicurezza pubblica che si manifestino a livello locale per cui il Sindaco non ha la possibilità di dettare una disciplina particolare in relazione a fenomeni che interessino in ugual misura l'intero territorio nazionale o alcune zone dello stesso, come è, appunto, quello della immigrazione.

Il TAR Lombardia sottolinea che le ordinanze dei Comuni brianzoli non possono ritenersi legittime nemmeno a seguito della modifica apportata all'art. 54 c. 4 del T.U.E.L. dal D.M. 5 agosto 2008.


Infatti, in conformità alla giurisprudenza già consolidata in seno al  Tribunale amministrativo regionale lombardo, viene ribadito che la norma deve avere un'interpretazione costituzionalmente orientata per cui  il concetto di "sicurezza urbana" di cui all'art. 54 co. 4 T.U.E.L. ed al D.M. 5 agosto 2008 deve farsi coincidere con la "sicurezza pubblica", vale a dire con l'attività di prevenzione dei fenomeni criminosi che minacciano i beni fondamentali dei cittadini (Corte Cost. 1 luglio 2009 n. 196), e non può, quindi, essere estesa fino a comprendere quegli strumenti volti all'eliminazione dei fenomeni di degrado che possono affliggere i centri urbani senza essere necessariamente correlati con esigenze di repressione della criminalità: con la conseguenza che il potere di ordinanza disciplinato dalla disposizione citata può essere esercitato a condizione che la violazione delle norme che tutelano la convivenza civile non assuma rilevanza solo in sé considerata, ma costituisca la premessa per l'insorgere di fenomeni di criminalità capaci di minare la sicurezza pubblica (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 6 aprile 2010, n. 981, in termini TAR Toscana, Sez. II, 5 gennaio 2011 n. 22). Le ordinanze dei comuni brianzoli emanate nel corso del 2010 nulla dicono a proposito del supposto collegamento fra i paventati fenomeni migratori e l'esigenza di prevenire (concreti e specifici) fenomeni criminosi a livello locale, né illustrano come l'introdotta disciplina delle iscrizioni anagrafiche potrebbe contrastare i suddetti (ipotetici) fenomeni. Il TAR Lombardia pertanto esclude che esse  possano trovare fondamento nelle previsioni del nuovo art. 54 del D.Lgs 267 del 2000 e del D.M. 5/08/2008.


Il TAR Lombardia boccia le ordinanze dei comuni brianzoli del 2007 che prevedevano addirittura che potessero chiedere la residenza nei Comuni  solo gli stranieri in possesso dell'attestato di soggiornanti di lungo periodo ("carta di soggiorno"), violando, così, palesemente il disposto dell'art. 6 comma 7 del D.Lgs 286 del 1998 secondo il quale le iscrizioni e le variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante (e, quindi, in possesso del solo permesso di soggiorno), sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani.


Ma, il giudice amministrativo lombardo annulla anche   le nuove ordinanze emanate nel 2010, le quali, pur avendo eliminato la suddetta previsione, subordinavano l'iscrizione nei registri anagrafici a requisiti ed oneri probatori non previsti dalla disciplina nazionale, quali la dimostrazione della disponibilità di un alloggio idoneo e la disponibilità di un reddito annuo di importo superiore al tetto di esenzione dalla spesa sanitaria qualora lo straniero extracomunitario abbia richiesto ma non ancora ottenuto il permesso di soggiorno.


La sentenza del  TAR Lombardia mette in evidenza come tali previsioni vengono in conflitto con il principio di parità di trattamento di cui all' art. 6 comma 7 del D.Lgs 268 del 1998 per cui  l'iscrizione nei registri dell'anagrafe dei cittadini extracomunitari "regolarmente soggiornanti" deve essere effettuata alle medesime condizioni dei cittadini italiani. I Comuni, pertanto, non possono subordinare la registrazione della residenza richiesta da cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti a requisiti ulteriori rispetto alla prova della stabile dimora, così come avviene per i cittadini italiani.


Riguardo alla richiesta di esibizione della documentazione attestante l'idoneità alloggiativa, il TAR Lombardia sottolinea come non possa  invocarsi l'art. 1 comma 2 della L. 1228 del 1954 (modificato dall'art. 1 comma 18 della L. 94/2009) in base al quale l'iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica possono dar luogo alla verifica da parte dei competenti uffici comunali delle condizioni igienico sanitarie dell'immobile in cui il richiedente intende fissare la propria dimora abituale. Il  giudice amministrativo lombardo evidenzia come la suddetta norma non condizioni l'iscrizione anagrafica alla prova della regolarità igienico sanitaria dell'alloggio da parte del richiedente, ma stabilisca solo che il procedimento volto alla attribuzione della residenza può costituire l'occasione per una verifica igienico sanitaria del luogo di stabile dimora da parte dei competenti uffici comunali ai fini della adozione di eventuali provvedimenti che riguardino l'immobile (sgombero, sanzioni per la mancanza del certificato di abitabilità etc.) e non la persona che intende risiedervi.


Riguardo alle richieste di iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari, il TAR Lombardia boccia il testo delle ordinanze dei Sindaci brianzoli nella parte in cui richiedevano un atto notorio attestante il possesso di un reddito su base annua superiore alla soglia per l'esenzione della spesa sanitaria. Sul punto il giudice amministrativo lombardo prende atto  che i sindaci dei comuni resistenti hanno recepito le previsioni della circolare del Ministero dell'Interno n. 19 del 2007, la quale, a sua volta, sembra altresì fondarsi sul disposto dell'art. 9 comma 3 lett. b) D.Lgs 30 del 2007 secondo cui il cittadino UE che si trovi per più di tre mesi in Italia per motivi diversi da quelli di studio o di lavoro, al fine di ottenere l'iscrizione anagrafica deve dimostrare di possedere la disponibilità di risorse economiche sufficienti per sè e per i propri familiari, secondo i criteri di cui all'articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Tuttavia, il TAR Lombardia sembra evidenziare proprio come tali fonti normative interne non debbano essere applicate letteralmente, ma interpretate in maniera conforme alla direttiva europea n. 2004/38 e alla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, secondo cui per l'individuazione dei parametri di sufficienza delle risorse economiche che devono essere utilizzati  per garantire e regolare la libertà di circolazione e soggiorno dei cittadini UE "inattivi" (non lavoratori), gli Stati membri non possono adottare una soglia minima fissa su base annua, senza tenere conto della situazione personale dell'interessato.

Ne consegue che le  ordinanze impugnate vanno, pertanto, dichiarate illegittime nella parte in cui ancorano la autosufficienza economica ad una verifica meramente reddituale, a prescindere da ogni circostanza individuale.

Illegittima anche la parte delle ordinanze dei Sindaci brianzoli del 2010, riferite alla verifica sistematica  delle dichiarazioni rese dai cittadini comunitari "inattivi" riguardo ai mezzi di autosufficienza economica necessari per ottenere la registrazione anagrafica. La verifica preventiva infatti finisce per essere motivo di ritardo nell'iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari e con ciò si risolve in un procedimento discriminatorio rispetto a quanto previsto per i cittadini italiani. Secondo il  TAR Lombardia infatti "tali verifiche non devono tuttavia trasformarsi in discriminatorie ragioni di ritardo nella iscrizione anagrafica dei cittadini stranieri, per cui gli uffici sono tenuti ad accettare per vere le dichiarazioni di atto di notorietà ed iscrivere, sussistendone i requisiti, coloro che le hanno rese, salvo poi procedere alla cancellazione in caso di riscontro negativo della loro veridicità".

Il sistema di verifica preventiva della veridicità delle dichiarazioni rese, messo in atto dai Sindaci brianzoli nei confronti dei cittadini stranieri comunitari, avrebbe dunque vanificato nei  confronti di questi ultimi  il sistema di semplificazione dei rapporti fra cittadini e pubblica amministrazione istituito dal D.P.R. 445 del 2000 che, al fine di velocizzare il disbrigo delle pratiche amministrative, impone alle pubbliche amministrazioni di accettare in luogo dei certificati o della prova di determinate situazioni di fatto, le autocertificazioni o dichiarazioni di atto notorio presentate ai loro sportelli. Sistema, che il TAR Lombardia ricorda nella sentenza, si applica anche ai rapporti fra p.a. e stranieri con il solo limite per gli extracomunitari di autocertificare stati, fatti, qualità presenti nei registri della pubblica amministrazione italiana (art. 3 D.P.R. 445/00).

Le amministrazioni comunali sono state condannate anche al pagamento delle spese legali.


A cura del servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose. Progetto ASGI con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.
 
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