ASGI

Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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29.03.2010

Commissione europea: l’Italia rispetti le norme del diritto comunitario sull’accesso all’impiego pubblico dei rifugiati e dei titolari della protezione sussidiaria, nonché dei cittadini di Paesi terzi familiari di cittadini comunitari

 
Risposta della Commissione europea all’interrogazione dell'europarlamentare Serracchiani (PD). In un esposto l’ASGI aveva denunciato la sistematica violazione delle norme comunitarie nelle procedure concorsuali per l’accesso agli impieghi pubblici.
 


In risposta ad un'interrogazione presentata dalla parlamentare europea Debora Serracchiani (PD),  il 26 marzo scorso la Commissaria europea per gli Affari Interni, Sig.ra Malmström, a nome della Commissione europea, ha precisato che le norme del diritto comunitario garantiscono l'accesso al pubblico impiego dei cittadini di Paesi terzi titolari dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, secondo le norme generalmente applicabili in ciascun Stato membro agli impieghi nella pubblica amministrazione (art. 26 c. 1 direttiva n. 2004/83/EC). Avendo l'Italia trasposto la norma della direttiva nel diritto interno con il d.lgs. n. 251/2007, vi è un preciso obbligo giuridico delle autorità italiane a garantire l' accesso all'impiego pubblico dei rifugiati politici, a parità di condizione con i cittadini di altri Paesi membri dell'UE.

Ugualmente, la Commissione europea precisa che, a seguito dell'entrata in vigore della direttiva n. 2004/38/EC relativa al diritto dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari alla libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio degli Stati membri, anche i cittadini di Paesi terzi familiari di cittadini dell'Unione europea debbono godere  del principio di parità di trattamento con i cittadini nazionali in materia di accesso agli impieghi pubblici, con la sola eccezione degli impieghi che implichino l'esercizio di pubblici poteri o attengano alla tutela dell'interesse nazionale .

Sulla base di una denuncia/dossier  presentata alla Commissione europea dall'ASGI lo scorso 31 ottobre, l'europarlamentare Serracchiani nella sua interrogazione aveva riferito la generalizzata inosservanza da parte delle autorità italiane delle citate norme comunitarie, rilevando invece come  in materia di concorsi pubblici, le pubbliche amministrazioni italiane continuino a fare riferimento unicamente al D.P.C.M. 7.02.1994, n. 174 e all'art. 38 del d.lgs. n. 165/2001, che prevedono la sola eccezione per i cittadini dell'Unione Europea al divieto di accesso degli stranieri al pubblico impiego .

La Commissione europea, pertanto, ha assicurato che richiederà alle autorità italiane informazioni dettagliate al riguardo.

Nella denuncia inviata alla Commissione europea lo scorso 31 ottobre 2009, l'ASGI aveva  sottolineato inoltre che  il legislatore italiano, nel recepire la direttiva europea n. 2004/83/CE, non ha ottemperato integralmente agli obblighi scaturenti dall'art. 26 c. 3, escludendo illegittimamente i beneficiari della protezione sussidiaria dai rapporti di lavoro nella Pubblica Amministrazione, mentre la direttiva europea prevede per loro un trattamento identico a quello dei rifugiati.

Sul piano del diritto interno, l'ASGI rammenta, peraltro, che l'art. 23 del d.lgs. n. 30/2007 prevede l'estensione delle norme previste dal decreto attuativo della direttiva europea  in materia di libera circolazione dei cittadini comunitari e loro familiari anche ai familiari extracomunitari di cittadini italiani. Tale norma deve intendersi quale espressione del divieto di "discriminazioni a rovescio". Con due importanti sentenze, la Corte Costituzionale ha infatti stabilito che, in caso di deteriore trattamento della situazione puramente interna rispetto a quella applicabile all'omologa situazione disciplinata dal diritto comunitario, alla luce del principio costituzionale di eguaglianza, la posizione soggettiva garantita dal diritto comunitario sarà l'elemento su cui misurare anche la disciplina riservata alla situazione nazionale (Corte Costituzionale, sent. 16.06.1995, n. 249; Corte Cost., sent. 30.12.1997, n. 443). In altri termini il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione vieta le "discriminazioni a rovescio", quelle cioè che si verificherebbero in danno del cittadino italiano quando, per effetto di una norma comunitaria, una persona o un soggetto comunitario godrebbe in Italia di un trattamento più favorevole di quello previsto in una situazione analoga per il cittadino o soggetto nazionale in virtù della norma di diritto interno. In sostanza, la ratio dell'art. 23 del d.lgs n. 30/2007 sembra essere quella di evitare che il familiare del cittadino comunitario goda di un trattamento più favorevole rispetto al familiare del cittadino italiano, con evidente pregiudizio anche per quest'ultimo, avendo in considerazione   la famiglia quale ambito tra i più rilevanti nei quali si forma la personalità dell'individuo. Dal significato  letterale della norma  ne deriverebbe un'interpretazione della equiparazione della condizione dei familiari dei cittadini italiani a quella dei familiari di cittadini comunitari estensibile a tutte le disposizioni contenute nel decreto di recepimento della normativa comunitaria e non solo a quelle in materia di soggiorno. Pertanto, anche i familiari dei cittadini italiani godrebbero del principio di parità di trattamento nell'accesso alle attività lavorative, salvo quelle attività escluse ai cittadini dell'Unione europea conformemente alla normativa comunitaria. Ne conseguirebbe il diritto all'estensione anche ai familiari extracomunitari di cittadini italiani, titolari della carta di soggiorno o del diritto al  soggiorno permanente di cui agli artt. 10 e 17 del d.lgs. n. 30/2007,  dell'accesso al pubblico impiego fatte salve le limitazioni di cui al D.P.C.M. n. 174/1994. Questo  per effetto, in sostanza,  della combinata applicazione del diritto comunitario e del divieto costituzionale di "discriminazione a rovescio".

Ugualmente, l'ASGI ricorda la prevalente  giurisprudenza di merito che negli ultimi anni  ha affermato l'illegittimità in generale  dell'esclusione  dei cittadini extracomunitari dagli impieghi pubblici, e la necessità invece di una loro parificazione ai cittadini italiani, con le uniche eccezioni previste per quegli impieghi che implicano l'esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri ovvero attengono alla tutela dell'interesse nazionale.

Questo in ragione innanzitutto del carattere sovraordinato della norma in materia di parità di trattamento nell'accesso al lavoro di cui alla Convenzione O.I.L. n. 143/1975, pienamente recepita nel nostro ordinamento con l'art. 2 c. 3 del T.U. immigrazione. Si veda un  elenco per nulla esaustivo di decisioni giurisprudenziali:

  • § - Tribunale di Rimini, ord. 27 ottobre 2009, n. 705/2009
  • § - Tribunale di Parma, ord. 13 maggio 2009, est. Vezzosi
  • § - Tribunale di Parma, 5 maggio 2009, est. Dallacasa
  • § - Trib.Milano 30.5.08 in D&L, 2008, 729. confermata in sede di reclamo
  • § - Trib. Bologna 7.9.07, (ord.) est. Borgo, XX c. Alma Mater Studiorum - Università di Bologna;
  • § - Trib.Perugia 6.12.2006 est. Crisciuolo, XX c. ASL Perugia;
  • § - Trib.Imperia 12.9.06 est. Favalli, AB c. ASL 1 Imperiese
  • § - Trib.Firenze 14.1.06 est. Delle Vergini YY c.Università degli Studi di Firenze
  • § - Corte di Appello Firenze, ord. 21.12.2005, n. 415
  • § - Trib.Genova, 21.4.04 est. Mazza Galanti ZZ c. ASL 3 Genova
  • § - Corte Appello Firenze, ord. 2.7.02 n.281, XX c. Azienda Ospedaliera Pisana
  • § - TAR Liguria, 13.4.2001, pres. Balba, est. Sapone, RO c. Ente Ospedaliero

Lettera di accompagnamento della risposta della Commissione europea dd. 26.03.2010 (diritto comunitario e impieghi pubblici) (28.79 KB)
Risposta della Commissione europea dd. 26.03.2010 (diritto comunitario e impieghi pubblici) (11.63 KB)
Interrogazione dell'europarlamentare Serracchiani (stranieri e impieghi pubblici in Italia) (9.45 KB)
Esposto ASGI alla Commissione europea in materia di accesso al pubblico impiego (86 KB)