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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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21.12.2011

Cittadini UE: Per l’acquisizione del diritto di soggiorno permanente conteggiabili anche i periodi di soggiorno precedenti all’adesione del proprio Paese all’UE

 
Sentenza della Corte di Giustizia europea dd. 21.12.2011 (cause C-424/10 e 425/10).
 
Il comunicato stampa della Corte di Giustizia europea sulla sentenza dd. 21.12.2011, cause C-424 e 425/2010 (79.1 KB)
Corte di Giustizia dell'Unione europea, sentenza dd. 21.12.2011, cause C-424/2010 e 425/2010 (103.06 KB)
 

Con una sentenza pronunciata il 21 dicembre scorso nelle cause Ziolkowki e Szeja  c. Germania (cause C-424 e 425/2010), a seguito di un rinvio pregiudiziale disposto dal giudice amministrativo federale tedesco, la Corte di Giustizia europea ha concluso che i periodi di soggiorno che il cittadino di uno Stato terzo ha compiuto anteriormente all’adesione del proprio Paese all’Unione europea devono essere presi in considerazione ai fini del calcolo del periodo minimo di cinque anni richiesto per accedere al diritto di soggiorno permanente di cui all’art. 18 della direttiva n. 2004/38/CE, purchè siano stati effettuati in conformità alle condizioni previste dal diritto dell’Unione. Ne consegue, pertanto, che il cittadino del Paese terzo divenuto Stato membro dell’Unione europea, dovrà dimostrare che nel periodo di soggiorno legalmente compiuto nel Paese ospite prima dell’adesione, egli era lavoratore subordinato o autonomo oppure, pur essendo inattivo, disponeva per se stesso e per i propri familiari, di risorse sufficienti e di un’assicurazione malattia.

Ugualmente, la Corte di Giustizia ha stabilito che se ad un cittadino dell’Unione viene consentito di soggiornare nel Paese ospite  in conformità al solo diritto nazionale, in ragione ad es. di eventuali disposizioni interne più favorevoli rispetto a quelle del diritto dell’Unione europea, tali periodi non possono essere considerati come periodi di soggiorno legale ai fini della maturazione del requisito di soggiorno continuativo quinquennale per accedere al diritto al soggiorno permanente cioè di quel diritto al soggiorno non sottoposto ad alcuna condizione al di fuori delle clausole di ordine pubblico e sicurezza nazionale.

La sentenza della Corte di Giustizia europea è dunque di notevole importanza in vista dell’ ingresso della Repubblica di Croazia  nell’Unione europea il 1 luglio 2013. I cittadini croati legalmente soggiornanti in Italia che in quella data potranno dimostrare un soggiorno continuativo e legale in Italia da almeno cinque anni potranno dunque rivolgersi ai Comuni di residenza per richiedere direttamente lo status di  cittadini UE  con diritto di soggiorno permanente alla condizione che siano in grado di dimostrare che nei cinque anni precedenti siano stati lavoratori subordinati o autonomi oppure inattivi, ma titolari di risorse sufficienti per il sostentamento proprio e dei familiari e abbiano avuto una copertura sanitaria.

La sentenza della Corte di Giustizia europea è suscettibile di implicazioni anche in quei casi in cui un cittadino di Paese terzo soggiornante legalmente nel Paese ospite membro dell’UE acquisisca la cittadinanza di un altro Paese membro dell’UE. Si pensi ad es. a quei casi di cittadini della Repubblica di Moldavia legalmente soggiornanti in Italia che acquisiscono nel frattempo la cittadinanza della Repubblica di Romania. Anche in questi casi,  tali cittadini moldavi, divenuti romeni, potranno conteggiare i periodi pregressi di soggiorno legale in Italia in qualità di cittadini moldavi ai fini della maturazione del requisito quinquennale di soggiorno  legale ininterrotto per accedere allo status di cittadino UE soggiornante in via permanente, purchè dimostrino che in tale periodo di soggiorno legale in Italia precedente all’acquisizione della cittadinanza dell’UE siano stati lavoratori subordinati o autonomi ovvero inattivi ma titolari di risorse sufficienti per il proprio sostentamento e quello dei familiari e abbiano avuto una copertura sanitaria.

 
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