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Accordare, seppur in via temporanea, la permanenza del genitore straniero in Italia non necessariamente (ed obbligatoriamente) richiede l’esistenza di situazioni eccezionali o urgenti legate alla salute del figlio minore.
Così i giudici della sesta sezione civile della Suprema Corte di Cassazione, hanno precisato con la sentenza 7 settembre 2012 n. 15025.
Nella propria decisione i giudici di legittimità, rifacendosi a precedenti giurisprudenziali in merito (cfr. Cass. 21199/2010 e Cass. 7516/2010) hanno stabilito che la temporanea autorizzazione relativa alla permanenza nel territorio italiano del genitore del minore (come previsto dal decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, articolo 31) in presenza di motivi – gravi – connessi allo sviluppo psico – fisico, non necessariamente richiede la presenza di situazioni di emergenza oppure di circostanze contingenti nonché eccezionali che siano legate (strettamente connesse) alla salute dello stesso.
Ciò in quanto è possibile ricomprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave, che considerando età e condizioni di salute, deriva (o deriverà) al minore dall’allontanamento del genitore e/o dal definitivo sradicamento dall’ambiente ove lo stesso è cresciuto.
La citata norma, ovvero l’articolo 31 del decreto legislativo del 25 luglio 1998, n. 286, al terzo comma, dispone che “Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge.
L'autorizzazione e' revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificavano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza”.
Tale disposizione prevede una gamma di possibilità ampia, allo scopo di prevenire ogni tipo di danno (come già sopra evidenziato) che potrebbe derivare al minore.
Nel caso concreto esaminato dalla Corte nella decisione in commento il soggetto ricorreva in Cassazione avverso il decreto della Corte di Appello (nella sezione minori) che, in riforma della decisione adottata dal Tribunale per i minorenni) aveva negato l’autorizzazione alla propria permanenza nel territorio italiano per il periodo di un anno, in qualità di genitore dei figli minori.
Il Tribunale per i minorenni aveva ritenuto sussistenti le condizioni previste dal citato articolo 31, comma terzo, in particolar modo facendo riferimento al pericolo di compromissione del sano sviluppo psico fisico dei figli minori derivanti dall’allontanamento del padre.
In sede di appello tale decisione veniva ribaltata e si accoglieva il reclamo del Procuratore della Repubblica, tenendo in considerazione il fatto che la disposizione invocata dal ricorrente non ha quale scopo quello di tutelare l’interesse del minore alla convivenza con i genitori bensì quello di fronteggiare situazioni eccezionali e contingenti.
La questione si spostava, quindi, dinanzi l’attenzione della Corte di Cassazione che, con la decisione n. 15025/2012, ha accolto il ricorso presentato, cassando il giudizio impugnato e rinviando gli atti alla Corte di Appello.
(Altalex, 20 settembre 2012. Nota di Manuela Rinaldi)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI CIVILE - 1
Ordianza 18 aprile - 7 settembre 2012, n. 15025
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