ASGI

Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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02.02.2013

Bandi di ammissione al corso triennale di specializzazione in medicina generale aperti ai soli cittadini italiani e comunitari

 
A seguito del parere dell’UNAR, la Regione Valle d’Aosta chiede la convocazione di una riunione interregionale con il Ministero della Salute.
 
Il parere dell'UNAR dd. 04.01.2013 (rep. n. 1/2013) (329.94 KB)
La lettera della Regione Valle d'Aosta dd. 18 gennaio 2013 (94.77 KB)
 

Con un’azione giudiziaria anti-discriminazione, attualmente alla fase di ricorso per giurisdizione dinanzi alla Corte di Cassazione, l’ASGI ha posto la questione della compatibilità tra la normativa antidiscriminazione e i bandi indetti dalle Regioni per l’ammissione ai corsi triennali di formazione specifica in medicina generale, che contengono la clausola di nazionalità, ovvero prevedono la partecipazione dei soli cittadini italiani e comunitari.

A seguito della sollecitazione dell’ASGI, sull’argomento è intervenuto pure l’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), il quale, in data 4 gennaio 2013, ha emanato un proprio parere (n. 1/2013) indirizzato alla Regione Valle d’Aosta, la quale aveva indetto uno di questi bandi con queste caratteristiche.

A seguito del parere dell’UNAR, che si è espresso in termini favorevoli all’accesso dei medici di nazionalità straniera ai corsi di specializzazione ed anche ai rapporti lavorativi convenzionati con le  Azienda Sanitarie locali, la Regione Valle d’Aosta ha richiesto, in data 18 gennaio,  la convocazione di una riunione interregionale, con il coinvolgimento del Ministero della Salute, per discutere dell’argomento.

Tuttavia, nell’attesa che la questione possa trovare un unitario ed uniforme chiarimento a livello nazionale, la Regione Valle d’Aosta ha preannunciato che per il prossimo bando di concorso per il triennio 2013-2016 non modificherà i requisiti di accesso, conservando quindi la clausola di nazionalità.

Nel parere,  l’UNAR rileva il contrasto dell’esclusione dei cittadini stranieri di Paesi terzi non membri UE dalla specializzazione in medicina generale con le disposizioni normative del T.U. immigrazione in materia di accesso agli studi universitari che sanciscono invece il principio di parità di trattamento. Tale principio è stato poi ribadito anche dalla circolare del MIUR n. 366 dd. 22.02.2012, specificatamente  con riferimento all’accesso alle scuole di specializzazione in medicina, ed innanzitutto in relazione ai medici cittadini extracomunitari già regolarmente soggiornanti in Italia con carta di soggiorno, permesso di soggiorno per motivi di lavoro o famiglia, per asilo politico, per motivi religiosi ovvero  che abbiano conseguito il diploma di laurea in Italia o il riconoscimento del titolo ai fini dell’esercizio della professione.

Ciononostante le prassi ministeriali e regionali sono quelle di riservare ai soli medici italiani e comunitari l’accesso ai corsi di specializzazione in medicina generale in quanto  il conseguimento del Diploma di specializzazione specifico in medicina generale risulta requisito fondamentale e  necessario per l'esercizio dell'attività di medico chirurgo di medicina generale (il c.d. medico di famiglia) nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale, ovvero per la partecipazione alle graduatorie che consentono poi la stipula di un rapporto di lavoro convenzionato con le aziende sanitarie. Ritenendosi che detto rapporto di lavoro costituisca rapporto di pubblico impiego, sottoposto dunque alla normativa generale che lo riserverebbe ai soli cittadini italiani e dell’Unione europea, le Regioni dunque escludono dalla partecipazione ai concorsi per le scuole di specializzazione in medicina generale i medici stranieri di Paesi non membri dell’Unione europea.

Nel suo parere l’UNAR innanzitutto ravvede la contraddittorietà di tale esclusione nel momento in cui  “non è un presupposto indefettibile il fatto che il medico ammesso e formato presso il corso triennale  di specializzazione sia tenuto a svolgere l’attività lavorativa in regime di convenzione con il SSN, essendo in sua facoltà scegliere di svolgere l’attività specialistica come libero professionista  o addirittura di non svolgere quella attività”.

In secondo luogo l’UNAR ricorda tutte quelle norme di legge, ed in particolare l’art. 2 c. 3 del T.U. immigrazione facente richiamo alla Convenzione OIL n. 143/75, che prevedendo un principio di parità di trattamento nell’accesso ai rapporti di lavoro tra lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti e lavoratori nazionali, dovrebbero far ritenere oramai giuridicamente esaurita la riserva di cittadinanza italiana o comunitaria per tutte quelle attività professionali in senso ai rapporti di pubblico impiego che non implichino lo svolgimento di pubblici poteri o riguardino la tutela di interessi nazionali, come più volte riconosciuto dalla giurisprudenza di merito. In più si potrebbe anche sostenere come appaia perlomeno dubbio che il rapporto di lavoro tra il medico di famiglia e l’Azienda Sanitaria possa strettamente configurarsi come un rapporto di impiego pubblico, trattandosi invece di un rapporto di lavoro autonomo convenzionato con la struttura pubblica. 

La segnalazione e l’azione giudiziaria  sull’argomento sono state promosse dalle antenne antidiscriminazioni ASGI di Roma e Firenze nell’ambito del progetto sostenuto dalla Open Society Foundations.

 
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