ASGI

Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
Indietro
 
 
03.05.2013

Divieto di discriminazione fondate sulle tendenze sessuali - Le dichiarazioni omofobe del «patron» di una squadra di calcio professionistica possono far gravare su di essa l’onere di dimostrare che non segue una politica discriminatoria in materia di assunzioni

 
Corte di Giustizia europea, III sezione, causa C - 81/12)
 
 
Un datore di lavoro convenuto non può confutare l’esistenza di fatti che lasciano presumere che egli conduca una politica di assunzione discriminatoria limitandosi ad affermare che le dichiarazioni che suggeriscono l’esistenza di una politica di assunzioni omofoba provengono da una persona che, pur affermando di ricoprire un ruolo importante nella gestione di tale datore di lavoro, e pur sembrando rivestire tale ruolo, non è giuridicamente legittimata ad assumere decisioni che lo vincolino in materia di assunzioni. Secondo la Corte, la circostanza che un tale datore di lavoro non abbia chiaramente preso le distanze da queste dichiarazioni può essere presa in considerazione in sede di valutazione della sua politica di assunzioni.
Peraltro, la Corte precisa che l’onere della prova, così come specificamente previsto dalla direttiva, non implica che essa risulti impossibile da produrre senza ledere il diritto al rispetto della vita privata. L’apparenza di discriminazione fondata sulle tendenze sessuali, infatti, potrebbe essere confutata mediante una serie di indizi concordanti, senza, tuttavia, che una parte convenuta debba dimostrare che in passato sono state assunte persone aventi una determinata tendenza sessuale. Tra tali indizi potrebbero annoverarsi, tra l’altro, una sua netta dissociazione rispetto alle dichiarazioni pubbliche discriminatorie, nonché l’esistenza di disposizioni espresse nella sua politica delle assunzioni dirette a garantire l’osservanza del principio della parità di trattamento.Infine, la Corte rileva che la direttiva non tollera una normativa nazionale secondo cui, quando viene accertata una discriminazione fondata sulle tendenze sessuali, decorsi sei mesi dalla data dei fatti non è più possibile pronunciare altro che un «ammonimento», se siffatta sanzione non è effettiva, proporzionate e dissuasiva. Spetta tuttavia al giudice rumeno valutare se ciò si verifichi nel caso di specie.

La sentenza

Il comunicato stampa della Corte europea
 
» Torna alla lista