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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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20.05.2013

Il Tribunale di Alessandria riconosce l’assegno INPS per i nuclei familiari numerosi a 13 cittadini extracomunitari lungo soggiornanti: la normativa interna va interpretata conformemente alla direttiva 109/2003

 
Messaggio INPS: Spetta solo ai Comuni decidere se ai lungo soggiornanti va concesso l’assegno.
 
Tribunale di Alessandria, ordinanza dd.02.05.2013 (HB e altri c. Comune di Serravalle S. e INPS) (2.81 MB)
Tribunale di Alessandria, ordinanza dd.02.05.2013 (MB c. Comune di Pozzolo F. e INPS) (2.61 MB)
Tribunale di Alessandria, ordinanza dd.02.05.2013 (FE c. Comune di Tagliolo M. e INPS) (2.61 MB)
Messaggio INPS n. 7990/13 dd. 15.05.2013 (44.95 KB)
 

Con tre diverse ordinanze, depositate il  2 maggio 2013 ( proced. n. 631-633-636/2012), il giudice del lavoro del Tribunale di Alessandria ha accolto il ricorso proposto  da tredici cittadini di Stati terzi non membri dell’Unione europea, lungosoggiornanti in Italia e titolari pertanto del permesso di soggiorno di cui all’art. 9 T.U. immigrazione, avverso i dinieghi opposti da diversi Comuni della provincia alla concessione dell’assegno INPS per nuclei familiari numerosi (con almeno tre figli minori) e a basso reddito previsto dall’art. 65 della legge n. 448/1998 e successive modifiche.

Il giudice di Alessandria ha concluso che i cittadini di Stati terzi non membri dell’Unione europea titolari del permesso di soggiorno di cui all’art. 9 d.lgs. n. 286/98 in quanto lungosoggiornanti in Italia in base alla direttiva  europea n. 109/2003,  devono godere del principio di parità di trattamento in materia di prestazioni sociali  previsto dall’art. 11 della direttiva medesima e, pertanto, la legislazione interna italiana deve essere interpretata in maniera conforme agli obblighi scaturenti dal diritto dell’Unione europea, sulla base di quanto previsto dall’art. 288 del Trattato fondativo dell’Unione europea.

Ne consegue che l’esclusione dei cittadini di Paesi terzi non membri dell’Unione europea dal beneficio dell’assegno INPS per i nuclei familiari numerosi disposta dall’art. 65 della legge n. 448/1998, che riserva tale beneficio ai soli cittadini italiani e di Paesi membri dell’Unione europea, deve ritenersi superata per effetto della normativa di recepimento della direttiva n. 109/2003, ovvero del d.lgs. n. 3/2007 che ha modificato l’art. 9 del d.lgs. n. 286/98. Secondo il giudice di Alessandria, l’obbligo di interpretazione della normativa interna in maniera conforme agli obblighi comunitari, non ammette la possibilità che l’ambigua formula usata dal legislatore nel d.lgs. n. 3/2007 per cui “lo straniero lungosoggiornante è ammesso a godere delle prestazioni di assistenza sociale ...salvo che sia diversamente disposto...” possa essere interpretata nella direzione di far salva la clausola di esclusione prevista dalla normativa preesistente. Questo perchè la stessa direttiva europea  esclude  ogni possibile deroga al principio di parità di trattamento a favore dei lungo soggiornanti in relazione alle prestazioni di assistenza sociale da definirsi essenziali (art. 11 c. 4) e nelle quali la direttiva medesima include quelle di  sostegno alla funzione genitoriale (considerando n. 13). Ugualmente, il Tribunale di Alessandria ricorda che la Corte di Giustizia europea, nella sentenza Kamberaj dd. 24 aprile 2012 (causa C-571/10),  ha sancito che ogni possibilità di deroga al principio di parità di trattamento a favore dei lungosoggiornanti deve essere sancita espressamente dagli Stati membri e deve essere interpretata restrittivamente, in quanto viene ad incidere sul principio di eguaglianza quale norma generale e fondamentale. Difatti, l’art. 34 della Carta europea dei diritti fondamentali  riconosce il diritto alle prestazioni di sicurezza sociale nonchè il diritto all’assistenza sociale  volta a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti.

Alla luce di quanto sopra, il giudice di Alessandria ha accertato il carattere discriminatorio del comportamenti dei Comuni e dell’INPS nel negare l’assegno ai lungosoggiornanti che ne avevano fatto richiesta e ha ordinato che vengano effettuati i pagamenti. I Comuni e l’INPS sono stati condannati al pagamento delle spese legali.

La responsabilità dei Comuni è stata accertata in quanto la normativa  vigente (D.M. n. 452/2000, attuativo dell’art. 65 della legge n. 448/98) assegna loro il potere concessorio del beneficio. La responsabilità dell’INPS deriva dal fatto che costituisce l’ente pagatore presso cui sono trasferite le apposite risorse finanziarie, così come svolge una funzione ‘deterrente’ all’accesso dei lungosoggiornanti alla prestazione, predisponendo e diffondendo, anche attraverso il suo sito internet,  pubbliche informative che negano l’accesso dei cittadini extracomunitari alla prestazione.

Al riguardo, c’è da segnalare il recente messaggio INPS n. 7990/13 dd. 15 maggio 2013, nel quale si afferma che  “resta  esclusivamente facoltà del  Comune di residenza del cittadino richiedente concedere o negare la prestazione in esame” per cui “ l’Inps non può che mettere in pagamento quanto disposto dal Comune”, qualora quest’ultimo decida che i lungosoggiornati abbiano diritto alla prestazione sociale, anche in contrasto con la linea di chiusura finora seguita dalle istruzioni ministeriali. Ugualmente, l’INPS non può disporre la revoca dell’assegno, qualora questo sia stato concesso dal Comune, cui solo spetta decidere in merito.

Riguardo al procedimento per la concessione e erogazione dell’assegno, il messaggio INPS ricorda che «la procedura di trasmissione per via telematica delle domande di Assegno per il nucleo familiare da parte dei Comuni non blocca l’invio dei dispositivi di pagamento relativi ai cittadini extracomunitari di lungo soggiorno ma, nel ricordare che “al fine della concessione dell’assegno al nucleo familiare con almeno tre figli minori, il richiedente deve essere cittadino italiano o comunitario residente nel territorio dello Stato (art. 80, comma 5, della legge n. 388/00) ovvero cittadino straniero in possesso dello status di rifugiato politico o di protezione sussidiaria (art. 27 del D. Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, v. anche circ. n. 9/2010)”, si limita a chiedere all’utente del Comune che accede alla procedura una mera conferma che l’inoltro del mandato riferito a cittadino extracomunitario viene effettuato consapevolmente e non per errore al fine dell’assunzione di responsabilità in capo al Comune».

Tale misura finisce spesso per scoraggiare i Comuni nel concedere l’assegno ai lungosoggiornanti, nel timore che possa sorgere in capo ai medesimi un’eventuale responsabilità per ‘danno erariale’ . Sembra doversi escludere tale eventualità in quanto proprio in relazione ai rapporti tra diritto dell’Unione europea e diritto nazionale, così giustamente chiariti dalla giurisprudenza e da ultimo dalle ordinanze del Tribunale di Alessandria, compito della Pubblica Amministrazione, ivi compresi gli enti locali, è quello  di operare, in caso di possibile contrasto tra una norma di diritto interno ed una norma di diritto dell’Unione europea, un’interpretazione  della norma interna conforme agli obblighi comunitari e, qualora questo non sia possibile, una disapplicazione della norma interna incompatibile con quella europea, di diretta ed immediata applicazione (principio del primato della norma di diritto europeo di diretta e immediata applicazione nell’ordinamento interno). Dunque, non si vede quale “responsabilità” per eventuale ‘danno erariale’ possa sorgere in capo al funzionario comunale che, concedendo l’assegno INPS ai lungo soggiornanti, semplicemente si conformerebbe agli obblighi derivanti dal rispetto del diritto dell’Unione europea e di un rapporto costituzionalmente corretto tra diritto europeo e diritto nazionale. Al contrario, proprio il rifiuto di concessione dell’assegno espone il Comune ad un danno economico per la collettività, qualora lo straniero ricorra ad un’azione giudiziaria antidiscriminatoria al termine della quale, in caso di soccombenza della parte convenuta, del resto altamente probabile come confermato dalle decine di cause sinora avviate, l’ente locale sarebbe condannato pure al pagamento delle  spese legali.

 

 

 
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