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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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27.11.2013

Due sentenze della Corte di Giustizia europea in materia di accesso a sussidi per l’istruzione all’estero ed ostacoli alla libera circolazione

 
Corte di Giustizia dell’Unione europea, sez. III, sentenze del 24 ottobre 2013, cause C-220/12 e C-275/12.
 
Corte di Giustizia dell'Unione europea, sentenza dd. 24 ottobre 2013 (cause C-220/12) (85.28 KB)
Corte di Giustizia dell'Unione europea, sentenza dd. 24 ottobre 2013 (causa C-275/12) (63.09 KB)
 

Con la sentenza del 24 ottobre 2013 nella causa C-275/12, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha ritenuto in contrasto con gli artt. 20 e 21 del TFUE in materia di cittadinanza europea e di libertà di circolazione, una normativa tedesca che subordina la concessione di un sussidio di studio ad una cittadina nazionale residente in Germania al fine di studiare in un altro  Stato membro, alla condizione che gli studi di cui trattasi siano sanciti al termine di un corso di almeno due anni da un diploma professionale equivalente a quelli rilasciati da una scuola professionale con sede in Germania, mentre un sussidio sarebbe stato concesso all’interessato, qualora avesse deciso di svolgere nel proprio Stato studi equivalenti a quelli che intendeva seguire nell’altro Stato membro e di durata inferiore a due anni.

Secondo la Corte di Giustizia europea, tale normativa costituisce un ostacolo alla libera circolazione che non può essere giustificato da  considerazioni oggettive di interesse generale, né può dirsi proporzionato allo scopo perseguito in quanto la misura  appare incoerente con le addotte giustificazioni di  promozione dell’inserimento occupazionale.

Con la sentenza del 24 ottobre 2013 nella causa C-220/12, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha ritenuto in contrasto con gli artt. 20 e  21 del FTUE in materia di cittadinanza europea e di libertà di circolazione, una normativa tedesca  che subordina la concessione di un sussidio di studio all’estero alla condizione che il beneficiario abbia il domicilio permanente sul territorio nazionale. Secondo la Corte infatti, se è legittimo che uno Stato membro richieda un criterio di sufficiente collegamento tra il richiedente e lo Stato membro medesimo quale condizione  per l’accesso a tale prestazione, il requisito del domicilio permanente, a prescindere da altri fattori, risulta eccessivamente esclusivo ed aleatorio per giustificare un obiettivo ostacolo alla libertà di circolazione rispondente a criteri di proporzionalità. Ugualmente,  considerazioni di contenimento di bilancio non possono di per sé costituire una giustificazione obiettiva andando ad incidere su una delle libertà fondamentali garantite dal Trattato.

 
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