Consideriamo innanzitutto la strategia diametralmente opposta a
quella di
completa chiusura delle frontiere - quella, cioe', di piena
liberalizzazione dell'immigrazione. Una scelta di questo genere,
producendo un abbassamento dei salari, ha ovviamente effetti positivi
sulla
condizione dei datori di lavoro ed effetti negativi su quella dei
lavoratori nazionali. Quanto ai lavoratori stranieri, essi passano
da una
condizione di esclusione dal mercato ad una condizione di
inclusione. Non
e' difficile comprendere come questo corrisponda, inizialmente, ad un
miglioramento della loro situazione. Qualora tuttavia il livello di
apertura delle frontiere superi un certo limite, il salario di
equilibrio
viene a cadere al di sotto del valore necessario alla sopravvivenza
del
lavoratore. Una situazione del genere e', ad esempio, quella
rappresentata
in Fig. 1, dove il punto di equilibrio in presenza di
immigrazione
corrisponde a valori del salario inferiori a quello minimo di
sopravvivenza. Piu' precisamente, il profitto ottenuto da ciascuna
categoria e' dato, nelle unita' introdotte in precedenza, dalle
seguenti
espressioni.
Notiamo come, nelle unita' adottate, il livello di sopravvivenza per i lavoratori nazionali corrisponda al valore pN=1, quello per i lavoratori stranieri a pS=f.
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L'andamento del profitto in funzione del livello di apertura delle
frontiere (f) e' mostrato, in Fig. 2, a titolo di
esempio, in corrispondenza ai valori b=3 e a=1.3. Si vede come
il
profitto dei datori di lavoro cresca monotonamente con f. Quello
dei lavoratori nazionali, invece, decresce, e cade al di sotto del
valore di sopravvivenza per f>f1, con