La strategia appena descritta presenta evidentemente due elementi che
la
rendono difficilmente accettabile: il fatto che il salario dei
lavoratori
possa raggiungere valori inferiori a quelli di sopravvivenza, e il
peggioramento delle condizioni dei lavoratori nazionali rispetto alla
situazione anteriore all'apertura delle frontiere. Il primo di
questi
difetti puo' essere curato lasciando inalterata la ricetta del
paragrafo
precedente per ,
e introducendo un secondo regime, per
f>f1, nel quale sia garantito, a tutti i lavoratori - nazionali
e stranieri - il
minimo vitale. Le espressioni per il profitto delle diverse
categorie assumono, cosi', la forma seguente:
L'andamento del profitto con f e' rappresentato, nel caso particolare considerato in precedenza, in Fig. 3.
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Le risorse necessarie per l'erogazione di sussidi atti a colmare, per
ciascun lavoratore sotto soglia, cio' che manca al minimo vitale non
possono che essere attinte dai maggiori profitti ottenuti, con
l'apertura delle frontiere, dai datori di lavoro. Resta cosi'
individuato - come e' evidente dalla Fig. 3 - un
limite
superiore all'apertura delle frontiere, basato su un criterio di
massima solidarieta' possibile e ottenuto imponendo che il profitto
dei datori di lavoro resti positivo. In termini di f, tale
condizione puo' essere espressa come ,
con
Una definizione piu' realistica del livello massimo di apertura
corrisponde
alla richiesta che il profitto dei datori di lavoro non risulti
inferiore
alla quota ottenuta in condizioni di frontiere chiuse; ovvero, con
riferimento alla Fig. 1, che l'area del trapezio
ABHC,
relativa ai maggiori profitti dei datori di lavoro, sia maggiore di
quella
del trapezio MGHC, relativa ai sussidi (piu' semplicemente,
che l'area del
trapezio ABFM superi quella del triangolo FGH). E'
facile dimostrare che
l'apertura limite e' data, in questo caso, da